15 Ottobre 2018

Ponti e strade, contro i crolli nuove regole di manutenzione

di Adriano Bonafede

Parla Armando Zambrano, Presidente degli Ingegneri: “Per le grandi opere occorre stabilire standard di verifica che oggi non ci sono in modo da poter identificare le vere emergenze. Per gli edifici privati, obbligo per i condomini di mettersi in regola entro 10 anni”.

Ponti che crollano, case che vengono spazzate via dai terremoti come ramoscelli, persino scuole recentemente ristrutturate che vengono giù. Come siamo arrivati a questa situazione? Il presidente del Consiglio dell’Ordine degli ingegneri, Armando Zambrano, prende un attimo di tempo prima di rispondere: «Diciamo subito che, per eventi sismici o vulcanici, la sicurezza assoluta non esiste. La domanda vera è: fino a che punto possono resistere?» C’è un’altra domanda: ma abbiamo saputo costruire bene le opere e gli edifici? «Questo paese ha saputo costruire bene e per tanti anni con buone tecniche e buoni processi, spesso all’avanguardia tecnologica. Il problema vero è la manutenzione. Fabbricati e infrastrutture invecchiano: vale per il calcestruzzo, per il ferro, per l’acciaio. Il punto è questo: abbiamo perso la cultura della manutenzione. Ormai sono passati 50-60 anni dal dopoguerra, esattamente il tempo in cui il calcestruzzo comincia a mostrare i segni del tempo. In più, molti fabbricati sono stati costruiti senza tener conto dell’attività sismica, e non è stato un difetto costruttivo: a quel tempo, dal punto di vista normativo, il 90% del paese non era considerato a rischio sismico. La prima legge è del 1974».
E poi? «Dal 1974 ad oggi si è cominciata a creare una mappatura del paese. Oggi risulta, al contrario, che quasi tutto il paese sia a rischio sismico: decine di milioni di edifici e circa 40 milioni di persone. È chiaro che al problema della manutenzione si aggiunge quello del rischio sismico ».

Agli italiani interessa sapere come si dovrebbe intervenire, hic et nunc, per dare sicurezza. Voi ingegneri avete elaborato qualche proposta? «Si può senz’altro intervenire eliminando gran parte dei rischi sismici. Però, come le ho già detto prima, non c’è una sicurezza assoluta: con una scossa di 8,5 punti della scala Richter quasi nulla può resistere. In Italia si arriva al più a 6,3-6,4 ma in California, Giappone e Indonesia si arriva anche oltre il 7».
L’Italia è piena di fabbricati progettati prima del 1974: si possono mettere in sicurezza? «Certamente, in Italia ci sono grandi capacità progettuali per risistemare i fabbricati esistenti. Bisogna solo
volerlo. Fra parentesi, è paradossale notare che Roma, ma anche Palermo e Napoli, hanno dei centri storici più sicuri delle periferie. Perché quei fabbricati furono costruiti con qualità, per resistere al tempo ». Cosa proponete di fare per mettere in sicurezza gli edifici? «Abbiamo già presentato una proposta di un piano nazionale di prevenzione che obblighi tutti i proprietari a farsi rilasciare un certificato statico e sismico. Ci sono regioni che hanno approvato un “fascicolo del fabbricato”, ma solo a Milano è prevista una certificazione statica, anche grazie al contributo dell’Ordine locale». Insomma, obblighiamo i proprietari a intervenire? «Sì, ma diamogli un congruo lasso di tempo, diciamo una ventina d’anni. Nel frattempo devono operare degli incentivi: un buon passo avanti è stato fatto l’anno scorso con l’introduzione del “sisma bonus”, che prevede che lo Stato copra dal 50 all’85% del totale, in funzione del livello di sicurezza raggiunto, di una spesa fino a 96 mila euro. Ciò avviene grazie a un credito d’imposta da recuperare in 5 anni, però dobbiamo tenere presente che molti pensionati o incapienti che non possono utilizzare il credito d’imposta se non facendo intervenire una società che acquisti il credito. Ma il credito d’imposta da solo non basta se non si introduce l’obbligatorietà dell’intervento. Che fra l’altro avrebbe anche altri effetti benefici». Quali? «Se l’intervento diventa obbligatorio anche l’assicurazione contro i terremoti costerebbe poco. Da qui anche l’idea di rendere questa polizza obbligatoria: in Italia c’è sempre stata l’idea che lo Stato debba sempre intervenire per proteggere la proprietà privata».

Una domanda che molti si pongono: ma se un condominio volesse vedere lo stato statico e sismico del proprio palazzo chi dovrebbe chiamare? «Negli edifici grandi, dev’essere un ingegnere o un architetto con competenze strutturali». E quanto costerebbe? «Tra 500 a 1000 euro a unità immobiliare per conoscere la classificazione sismica. Poi ci vogliono altri 1.500 euro almeno per nucleo familiare per il progetto strutturale di miglioramento della sicurezza dell’edificio. Ma sono soldi spesi bene. E comunque mi pare non ci sia alcuna alternativa all’obbligatorietà, seppur nel corso del
tempo. Non è strano che lo Stato pretenda la certificazione energetica mentre non impegna il proprietario a far sapere quale sia la situazione statica e sismica?».
Torniamo alle infrastrutture. Risulta che dopo il crollo del ponte sul Polcevera in molti Comuni siano stati chiusi svariati ponti: scusi ma prima nessuno sapeva niente? O si è rischiato? «In effetti dopo il crollo del ponte sul Polcevera è cambiato l’approccio alla sicurezza del calcestruzzo, non soltanto in Italia: da quel momento sono stati chiusi ponti in Germania, Francia, Stati Uniti. Dappertutto si è posto con forza il problema della manutenzione delle infrastrutture: lo sa che ogni anno crollano 70/80 ponti negli Stati Uniti? E pensi che in Italia ce ne sono almeno 60 mila!».
Che si deve fare, allora? «Il ministero delle Infrastrutture ha avviato a fine agosto un monitoraggio sullo stato di salute delle grandi opere. Ma non è sufficiente. Il ministero ha già avuto gran parte di queste informazioni ma ora deve rivedere il tutto». Perché? «Perché non sono stati stabiliti standard di verifica per fare una graduatoria e stabilire quali siano le vere emergenze. Noi abbiamo offerto al ministero il nostro aiuto per realizzare questi standard. Fatto questo, occorre mettere in piedi anche un sistema di corsi di formazione». Per chi? «Per tutti coloro che dovranno effettuare queste verifiche, e cioè ingegneri, architetti e anche geometri». Quanti soldi servirebbero per l’attività di monitoraggio? «Non meno di 500 milioni, da spalmare su vari anni. Ma se avessimo investito prima in prevenzione tante cose non sarebbero accadute».

Fonte: Affari e Finanza