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MASCHERINE: ritorno al consueto iter di validazione. Cessata la procedura straordinaria in deroga all’Inail dei DPI

Era il 4 aprile 2020 quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ammise di aver iniziato «a valutare l’uso delle mascherine in modo più ampio, a livello di comunità, per controllare la trasmissione di Covid19». Non solo per medici, operatori sanitari, farmacisti e chiunque fosse nella linea di fuoco della lotta al virus, ma anche per i cittadini. Miliardi di cittadini.

In epoca ante-Covid 19, la domanda di Dispositivi per la Protezione Individuale (DPI) proveniva principalmente dal settore sanitario e le disponibilità erano sufficienti a soddisfare le richieste di mercato. Con lo scoppio della pandemia, divenne indispensabile e obbligatorio proteggere le vie respiratorie. Di conseguenza, la richiesta dei dispositivi di protezione delle vie aeree raggiunse livelli tali che la capacità delle aziende a cui il mercato si rivolgeva, non era tale da soddisfarne le straordinarie richieste.

L’Italia si trovò impreparata e quando il Governo, il Ministero della Sanità e la Protezione Civile iniziarono a porsi il problema, era già tardi. In seguito, quando si decise di passare alla ricerca di una soluzione, la burocrazia fece il resto. Situazione confusa con difficoltà amministrative, inimmaginabili per quegli imprenditori che avevano puntato sulla riconversione delle proprie produzioni per far fronte alle moltiplicate esigenze del mercato.

Il Governo dispose una deroga alle procedure ordinarie di valutazione della conformità dei dispositivi di protezione individuale. Se prima, dunque, i fabbricanti dovevano seguire determinate procedure di valutazione della conformità, le quali venivano verificate e confermate da un organismo accreditato, con la pandemia si è potuto produrre, importare e immettere in commercio mascherine e DPI anche se privi di marcatura CE, previa approvazione dell’ISS per le mascherine e dell’INAIL per i DPI.

Il risultato? Un groviglio burocratico di norme e disposizioni, accompagnati da un aumento dei tempi di attesa per ricevere l’approvazione dell’ISS e dell’INAIL. Un iter che non offriva garanzie ai produttori che dovevano affrontare investimenti seri per la riconversione delle proprie produzioni.

L’AD ASACERT, Fabrizio Capaccioli, si era fatto promotore di una soluzione più rapida ed efficiente per rispondere a una domanda dietro la quale nessuno riusciva a stare dietro.

“Tante aziende ci chiedono una mano per districarsi nella burocrazia…se producono in modo conforme alle norme UNI EN Iso 14683 e UNI EN 10993. È il nostro mestiere e potremmo dare una mano allo Stato per rendere le procedure più veloci” – e aveva proposto- “invece di far passare settimane e mesi, si potrebbe prevedere un protocollo semplificato, emesso dal SSN, stendere il decalogo, con i necessari obblighi e requisiti, per poi delegare la vigilanza e l’ispezione a un organismo di certificazione. Il punto è che la deroga si basava unicamente su dichiarazioni documentali. Abbiamo proposto più volte di autorizzare i centri accreditati in Italia, come i nostri, per un controllo rapido che non avrebbe allungato i tempi e che avrebbe garantito approvvigionamenti più rapidi e soprattutto sicuri per i cittadini, senza rischio di spreco di soldi pubblici”.

Un anno e mezzo dopo l’Inail ha annunciato con un comunicato la cessazione della funzione di validazione straordinaria e in deroga dei DPI. Questo significa che alcuni DPI ricominceranno a seguire l’iter ordinario di autorizzazione alla produzione e alla distribuzione, secondo la procedura standard.

La decisione si va ad aggiungere all’elenco di attività che tornano a occupare la loro consueta configurazione: istruzione, viaggi, lavoro, sport, eventi pubblici.

Del resto, spesso si pensa che un evento sconvolgente abbia un fortissimo impatto sulla vita quotidiana di una società. Quella stessa vita quotidiana che, a sua volta, era figlia dell’ultimo grande evento sconvolgente.