Il voto divise il Regno Unito lungo linee di faglia generazionali, economiche e regionali. Delle quattro nazioni costitutive, la Scozia e l’Irlanda del Nord votarono a favore del “Remain”, mentre Inghilterra e Galles si espressero per il “Leave”. Nei tre anni successivi al referendum il governo britannico ha faticosamente negoziato un accordo sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Con la fine del periodo di transizione, durato fino al 31 dicembre 2020 e il raggiungimento del “Trade and Cooperation Agreement”, il processo di uscita del Regno Unito dall’Unione europea, avviato dopo il referendum del 23 giugno 2016, è giunto a compimento. Con 1246 pagine l’accordo di separazione è una realtà.
Ma tutto questo è cronaca da libri di storia.
Gli effetti del divorzio tra le due sponde della Manica possono essere individuati solo in parte: allegati, note e dettagli che riveleranno tutti i loro strascichi e risvolti reali solo nel medio e lungo periodo. L’accordo commerciale stabilisce che la maggior parte delle merci scambiate tra Unione europea e il Regno Unito non siano sottoposte a dazi, sotto una certa quota. Tuttavia, gli esportatori dovranno affrontare una serie di ostacoli normativi che renderanno più gravoso fare affari. Le aziende britanniche dovranno anche certificare l’origine dei loro prodotti e sono previsti dei limiti sulla proporzione di manufatti con parti pre-assemblate all’estero. Tutti i prodotti esportati nell’uno e nell’altro mercato dovranno essere conformi alle normative tecniche richieste e saranno soggetti a qualsiasi verifica e controllo di conformità.
Quindi, con estrema chiarezza, dal 1° gennaio 2021 il Regno Unito è diventato un paese terzo rispetto alla Comunità Europea e si applicano, pertanto, tutte le normative per il trading da e per la Comunità Europea, valide per il resto dei Paesi del mondo.
Con il “Trade and Cooperation Agreement”, dunque, si sono varate nuove regole per vita, lavoro e commercio tra le parti. Le merci commercializzate verso l’UE devono rispettare le normative comunitarie a cominciare dalla marcatura CE (Conformité Européenne, appunto), che lungi dall’essere “solo” una denominazione di origine, garantisce al consumatore prodotti sicuri e conformi alla legislazione europea, evitando problemi con le autorità in caso di controlli. La marcatura dei prodotti da costruzione, ad esempio, è una procedura obbligatoria per tutti i prodotti disciplinati dal Regolamento comunitario “prodotti da costruzione”. Deve essere eseguita dal fabbricante di un prodotto che rientra in tale direttiva, il quale, per mezzo della dichiarazione di prestazione, afferma che il suo prodotto è conforme ai requisiti di sicurezza e salute e che rispetta le prestazioni minime previste rispettivamente da questo regolamento e dalla norma armonizzata pertinente.
ASACERT fornisce l’assistenza e il supporto necessari per la marcatura CE ed indica che il prodotto su cui è apposto è conforme ai requisiti essenziali previsti da Direttive Europee per la commercializzazione e utilizzo nell’Unione Europea.
Un helpdesk a sostegno delle organizzazioni che si trovano a dover implementare le novità riguardanti la marcatura CE dei prodotti da costruzione e dei componenti in acciaio e alluminio. Un servizio dedicato a tutte le aziende che, successivamente alla BREXIT, hanno necessità di mettere al sicuro le proprie attività, commercializzando in maniera sicura e nel rispetto della legislazione vigente, i propri prodotti tra Europa e Regno Unito, e viceversa.
Affinché BREXIT sia sinonimo di opportunità e continuità per il business, ASACERT è al fianco di tutte le aziende che hanno necessità di dare continuità al proprio business da e per il Continente, esportando i propri prodotti in tutta sicurezza e nel pieno rispetto delle normative.
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