Buia: «Non ci arrendiamo al declino e valorizziamo le esperienze». «Ma il governo deve fare di più sul fronte delle semplificazioni»

Si è svolto ieri al Palazzo del Ghiaccio di Milano il Fidec, il primo Forum italiano delle costruzioni, ideato e organizzato dall’Ance per far emergere le esperienze di cambiamento e di trasformazione dei protagonisti della filiera dell’edilizia. 
«Un format innovativo – spiega l’Ance – pensato per dare voce a chi crede veramente nella possibilità di ripartire». Oltre alla giornata di incontri di ieri, il Fidec si articolerà nel tempo attraverso la piattaforma digitale della filiera delle costruzioni che sarà il trait d’union tra gli eventi, che avranno cadenza annuale e gli appuntamenti di carattere locale che si genereranno sui territori.

Fidec punta a mettere insieme tutta la filiera del settore: architetti, ingegneri, geometri, professionisti e imprese della manifattura. Fidec non è un singolo evento, né la classica fiera, ma un’iniziativa nata per connettere tutti i protagonisti delle costruzioni attraverso una piattaforma digitale di lavoro e un luogo di relazioni permanenti. Un vero e proprio “hub del pensiero”, che consente a tutti i partecipanti di raccontare la propria esperienza, condividere temi e problemi reali affrontati nell’attività quotidiana, incontrare i protagonisti del cambiamento e allacciare o rafforzare rapporti di business.

«Non vogliamo arrenderci al declino – dichiara il presidente dell’Ance, Gabriele Buia – il Fidec dimostra la voglia di voltare pagina e di contribuire a rendere più efficiente e vivibile il nostro Paese». 

«Anche la politica e il legislatore – aggiunge Buia – devono però fare la propria parte per dare una spinta alla ripresa del settore e quindi alla crescita dell’economia nazionale». A cominciare dalla semplificazione delle regole e delle procedure che devono sbloccare le infrastrutture e la rinascita delle città: «Dobbiamo dare subito il segnale che l’Italia può tornare a crescere ai ritmi degli altri paesi europei. Non perdiamo ancora una volta il treno della legge di bilancio: senza strumenti adeguati per ridare liquidità alle imprese e far partire i lavori di manutenzione e di riqualificazione delle nostre città gli obiettivi di crescita indicati per il 2019 non potranno essere raggiunti», commenta Buia. «Sono convinto che dando maggiore concretezza al capitolo sugli investimenti anche molte delle critiche espresse dall’Europa sulla nostra manovra verrebbero meno».

Fonte: Edilizia e Territorio

Articolo Originale

I sequestri della Guardia di Finanza sono stati compiuti in 120 società di 14 regioni: 220 i soggetti coinvolti, un centinaio gli indagati

Quando gli investigatori della Guardia di Finanza hanno avviato indagini su un gruppetto di imprese friulo-veneto che si aggiudicava numerosi appalti, poi puntualmente eseguiti da piccole aziende locali, non si aspettavano di scoperchiare il tradizionale vaso di Pandora. Il procuratore di Gorizia, Massimo Lia, sceglie parole d’effetto: questo gruppo «da queste regioni ci ha poi portato in giro per l’Italia utilizzando sempre lo stesso sistema», la spartizione di appalti fatta a tavolino.

«In giro per l’Italia» si traduce nei 400 finanzieri del Comando Fvg sguinzagliati in tutta Italia per acquisire atti, perquisire e sequestrare su disposizione della Procura di Gorizia. Obiettivo è trovare testimonianze in enti pubblici e società private su appalti di opere pubbliche per un miliardo.
Avendo per oggetto di indagine ponti, viadotti, cavalcavia, sottopassi, gallerie, piste aeroportuali costruiti «utilizzando materiali difformi» oppure materiale appropriato ma in quantità inferiori a quanto si dovrebbe, il procuratore Lia fuga subito la principale preoccupazione: «Non ci sono pericoli dal punto di vista della sicurezza». E «non sono registrate infiltrazioni mafiose»; è «escluso al momento coinvolgimento di politici».

L’inchiesta per ora non intende mettere in ginocchio l’economia del Paese: le opere oggetto di indagine «non sono tutte concluse ma non ci sono provvedimenti di blocco o sequestri di cantieri, di lavori». Tuttavia, se conforta l’assenza della mafia, il Comandante Fvg della GdF, generale Giuseppe Bottillo, è tagliente: dopo 18 mesi di indagini parla di un sistema di corruzione paragonabile a «metastasi» e invoca «indignazione».
Tanto palese erano le intese di «cartello» che i’inchiesta ipotizza non solo il reato di turbativa d’asta tra le imprese coinvolte, e frodi nella realizzazione delle opere ma anche l’associazione per delinquere.

Nessun arresto ma gli indagati sono tanti: un centinaio, tra cui funzionari delle stazioni appaltanti. Non è il solo numero impressionante dell’operazione Grande Tagliamento: sono 150 le gare d’appalto che sarebbero state alterate, tra le quali opere e strade da realizzare nell’Italia centrale colpite dal sisma del 2016.

I sequestri sono stati compiuti in 120 società di 14 regioni; 220 sono i soggetti coinvolti. Si va da Autostrade per l’Italia all’Anas, dalla Veneto strade Spa al Commissario emergenza mobilità A4, le società di gestione degli scali di Trieste (Aeroporti Friuli Venezia Giulia Spa), Treviso (Aer Tre Spa), Venezia (Save Spa), Verona (Aeroporto Valerio Catullo Spa), fino a realtà di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna.

Autostrade, Save, Cav, Anas, Autovie Venete, Aeroporto Fvg hanno fatto sapere di essere parte offesa o comunque di aver operato onestamente.
Infine, la GdF ha ravvisato anche la costituzione di associazioni e raggruppamenti temporanei meramente cartolari, l’utilizzo di contratti di subappalto per quote superiori al limite normativo del 30%, danni ambientali.
Il governatore del Veneto Luca Zaia auspica che «non si vada alle calende greche», così come il sindaco di Norcia, Nicola Alemanno, si augura che «l’indagine non fermi i lavori», ma occorreranno almeno un paio di mesi per analizzare quanto sequestrato.

Fonte: Edilizia e Territorio

Articolo Originale

La struttura gestirebbe un fondo di rotazione per finanziare la prima fase della progettazione. Stringono i tempi per ‘smontare e riscrivere’ il Codice.

Fonte: Edilportale

Articolo Originale

Ieri gli eurodeputati della commissione affari legali hanno approvato una proposta di direttiva per garantire un’equa protezione in Europa per chi segnali le violazioni del diritto Ue in materia di evasione fiscale, corruzione, protezione dell’ambiente e della salute e sicurezza pubblica. La protezione dei whistleblower all’interno dell’Ue è attualmente frammentata: solo dieci stati, di cui anche l’Italia, garantiscono determinate garanzie verso chi denuncia le irregolarità. Una mancanza di garanzie che, secondo uno studio della commissione europea, ha portato una perdita di potenziali benefici negli appalti pubblici tra i 5,8 e 9,6 miliardi di euro ogni anno all’interno dell’Unione. Il testo approvato dagli eurodeputati ha così stabilito l’estensione delle stesse misure di protezione anche per chi assiste il soggetto segnalante, come ad esempio un giornalista. Per assicurare un’efficace protezione contro eventuali ritorsioni o intimidazioni, secondo il testo, dovranno essere adottati sistemi di segnalazione sia interni che esterni, sia all’interno del settore pubblico che privato. I tempi di risposta dovranno essere certi: entro una settimana dovrà arrivare la notifica di pervenuta segnalazione, mentre il risultato di accertamento dell’irregolarità dovrà avvenire entro due mesi. Inoltre, all’interno del testo viene stabilita la creazione di un’autorità in ciascuno Stato membro che fornisca gratuitamente informazioni e consulenza, nonché assistenza legale, finanziaria e psicologica. Una volta che la plenaria del Parlamento europeo avrà approvato il mandato negoziale, il testo sarà oggetto di negoziazione con i ministri dell’Ue all’interno del Consiglio, dove verrà approvato il testo definitivo della direttiva.

Fonte: Italia Oggi

Il costo della manodopera è una componente essenziale dell’offerta economica che non integrabile in sede di soccorso istruttorio, ma al contempo, nell’ambito di offerte economiche già formulate e non suscettibili di alcuna modifica e in assenza di una espressa previsione nella lex specialis di gara che richieda la puntuale indicazione del costo della manodopera, la stazione appaltante può chiedere di specificarli successivamente.

Fonte: Lavori Pubblici

Articolo Originale

Nel disegno di Legge di Bilancio 2019 nessuna traccia della norma che rafforza l’equo compenso ampliando l’obbligo di riconoscimento a tutti i committenti.

Fonte: Edil Tecnico

Articolo Originale

Per il 2018 il bonifico va rifatto, mentre per il 2017 si può presentare una dichiarazione integrativa per beneficiare delle detrazioni edilizie.

Fonte: Edil Tecnico

Articolo Originale

Avviato il ciclo di audizioni al Senato sulla riforma del codice del 2016. I progettisti chiedono anche paletti su accordo quadro e appalto integrato

Promossa l’idea di tornate a un regolamento attuativo unico, bocciata quella di mettere in piedi una centrale di progettazione con la legge di Bilancio. È cominciato ieri, con i rappresentanti della Rete delle professioni tecniche, il ciclo di audizioni promosso dalla commissione Lavori pubblici del Senato in vista della riforma del codice appalti cui sta lavorando il Governo e che potrebbe vedere la luce nel giro di poche settimane.

Ai senatori della commissione i progettisti hanno evidenziato punti critici e aspetti da salvare del codice del 2016, «che va rivisto, ma non completamente buttato a mare – ha sottolineato Rino la Mendola, rappresentante del Consiglio nazionale architetti con la delega ai lavori pubblici -.le gare di progettazione stanno finalmente ripartendo in modo consistente, questo vuol dire che qualcosa funziona dopo la batosta dei primi mesi di applicazione».

Anche se esula dalla proposta di riforma, visto che è inclusa nella legge di Bilancio, i professionisti non hanno mancato di esporre tutta la loro contrarietà alla creazione della nuova Centrale di progettazione. «A parte tutti i problemi legati alla sua attuazione – ha detto il presidente di Rpt e del Consiglio nazionale degli ingegneri, Armando Zambrano -, questo Paese ha bisogno di una Pa in grado di programmare e controllare l’esecuzione degli interventi, non di progettisti pubblici». Zambrano ha promosso invece l’idea di tornare a un regolamento unico di attuazione del codice archiviando la strategia della «soft law»: «Ha creato decine di atti di regolamentazione secondaria scritti da mano diversa, con compiti diversi arrivando a generare confusione, duplicazione di atti e anche errori evidenti».

Per i progettisti andrebbe invece recuperata l’impostazione originaria del codice sull’appalto integrato che imponeva di assegnare i lavori su progetto esecutivo, senza concessioni all’appalto integrato «che – ha detto Zambrano – incide pesantemente sui costi finali di realizzazione delle opere». Stesso discorso per l’accordo quadro. «Accorpare gli incarichi – ha obiettato La Mendola – significa dare la possibilità di lavorare solo a pochi. Con questo spirito, per assurdo, si potrebbe finire di appaltare con una sola gara tutti i progetti di manutenzione degli ospedali o delle scuole italiane. I requisiti salgono e si chiudono le porta alle realtà più piccole. Strategia contrari a quella prevista dalle direttive europee».

Fonte: Edilizia e Territorio

Articolo Originale

Le proposte dei costruttori alla Commissione Giustizia del Senato sul Dlgs varato dal consiglio dei ministri l’8 novembre

Serve una maggiore armonizzazione tra la riforma complessiva della legge fallimentare e le norme del codice appalti, prevedendo, per esempio, forti restrizioni alla possibilità di far partecipare alle gare imprese fallite (o in amministrazione straordinaria o in concordato in continuità); ma soprattutto vanno meglio tutelate le imprese che nei raggruppamenti sono associate come mandanti all’impresa capogruppo che entra in stato di crisi. 

Sono questi i principali suggerimenti che una delegazione dell’Ance ha illustrato alla commissione Giustizia del Senato in un’audizione svolta ieri in vista del parere al decreto legislativo sul “codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” varato dal governo lo scorso 8 novembre (in via preliminare) in attuazione della legge delega 19 ottobre 2017, n.155. Più precisamente, sottolineano i costruttori dell’Ance, la possibilità di far partecipare alle gare pubbliche imprese in difficoltà economica «altera una sana concorrenza nel mercato». Pertanto, occorrerebbe «eliminare la possibilità di far partecipare alle gare imprese fallite o in concordato in continuità – con l’eccezione dell’ipotesi in cui sia stato presentato, ai fini dell’ammissione alla continuità, un piano di rientro che preveda la soddisfazione del 60% dei crediti chirografari – o in amministrazione straordinaria». 

IL TESTO DEL DLGS SULLE CRISI D’IMPRESA APPROVATO DAL CDM 

Inoltre, nei raggruppamenti di imprese, l’Ance chiede di tutelare le imprese sane associate alla capogruppo che va in difficoltà. Più precisamente si chiede di evitare che i crediti maturati dall’impresa mandante e riscossi dall’impresa capogruppo (o consortile) finiscano nel perimetro del passivo fallimentare o si confondano con il patrimonio della mandataria. Inoltre, «i pagamenti successivi all’assoggettamento della mandataria alla procedura dovrebbero avvenire direttamente in capo alle mandanti». Allo stesso modo i costruttori vorrebbero il pagamento diretto alle mandanti anche «ove ricorrano reiterati e significativi ritardi nei pagamenti della mandataria nei confronti delle mandanti, anche nella fase di allerta e composizione assistita, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso». Sempre nel caso dei raggruppamenti temporanei o nella costituzione di consortili, l’Ance propone di prevedere «che la restituzione al curatore dei finanziamenti effettuati alla suddetta società da parte delle imprese dell’Ati avvenga solo dopo il completamento dell’opera ed il pagamento dei creditori della società consortile». 

Nella riforma della legge fallimentare, inoltre, secondo l’Ance occorrerebbe chiarire meglio le responsabilità che attengono all’entrata in crisi dell’impresa, distinguendo «fra insolvenza dovuta ad una situazione economica generale straordinaria rispetto all’insolvenza prodotta a seguito di negligenza nell’attività degli amministratori». «Conseguentemente – aggiunge – occorre definire con maggiore chiarezza le ipotesi di responsabilità degli amministratori, che sarebbero perseguite solo in caso di effettivi e comprovati comportamenti illeciti, a fronte invece della completa esclusione da qualsiasi addebito nel caso in cui il dissesto dell’impresa sia stato causato da fattori economici oggettivi e non da una gestione patrimoniale colpevolmente incauta». 

Infine, si suggerisce di valutare «l’opportunità di prevedere la rimodulazione dei privilegi erariali, mediante l’attenuazione della natura privilegiata per i crediti vantati dallo Stato e dagli enti locali (per imposte dirette, indirette, tra cui l’Iva, e per i tributi locali), nonché l’introduzione di una soglia predeterminata entro la quale tali crediti si considerano privilegiati».

Fonte: Edilizia e Territorio

Articolo Originale

Le proposte delle società di attestazione dei costruttori in audizione al Senato

Dotare le Soa di accesso alle banche dati pubbliche (inclusa la banca dati nazionale antimafia) per semplificare le verifiche iniziali sulle imprese; prevedere un “fascicolo virtuale” curato dalle stesse società di attestazione, dove raccogliere tutti i dati salienti della qualificazione dell’impresa (a disposizione di stazioni appaltanti e Autorità; estendere il sistema di qualificazione delle imprese, oggi limitato ai lavori pubblici anche al settore dei servizi e delle forniture.

Sono, in estrema sintesi, le principali proposte avanzate dalle Soa (rappresentate dalle associazioni Unionsoa e General Soa) alla commissione Lavori pubblici del Senato, nel corso dell’audizione in programma ieri sulla riforma del codice appalti.

Le aziende private incaricate di certificare i requisiti dei costruttori interessati al mercato dei lavori pubblici non chiedono rivoluzioni. Anzi. Per le Soa, sul fronte della qualificazione, il codice del 2016 ha fatto il suo dovere. Inutile aggiungere che l’ipotesi di sperimentare sistemi di qualificazione alternativi «peraltro già percorsa senza successo dai soggetti istituzionali preposti» sarebbe vista come fumo negli occhi. «Se malauguratamente intrapresa – hanno spiegato i rappresentanti di Unionsoa – potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo al funzionamento dei meccanismi che si pongono a monte del materiale avvio delle opere pubbliche già finanziate, allontanando ulteriormente la ripresa economica del paese».

Fonte: Edilizia e Territorio

Articolo Originale