Parità di genere: a che punto siamo in Italia?
I dati fotografano ancora una situazione tutt’altro che rosea, con l’Italia agli ultimi posti sia nelle classifiche europee (dati Eurofund) sia in quelle mondiali (dati Global Gender Gap 2021). Nonostante i dati siano più confortanti che in passato, è ancora minima la percentuale di donne ai vertici dei CdA nelle aziende italiane in rapporto a quelle europee: il 17% contro il 33% della Norvegia e il 25% del Regno Unito (dati EWoB – European Women on Board – Gender Diversity Index).
Inoltre, è di queste ore, solo per citare l’ultimo fatto di cronaca, il caso di quattro professioniste che hanno subìto abusi e molestie sessuali in una nota agenzia di comunicazione, oltre ad essere state l’oggetto di commenti violenti e sessisti in una chat skype riservata ai soli impiegati di sesso maschile, nella quale i colleghi bersagliavano le ignare colleghe. Episodi che, ancora una volta, hanno evidenziato un problema sistemico e culturale, che può essere affrontato cominciando dal creare i presupposti e le infrastrutture della qualità aziendale che favoriscano l’inclusione attraverso policy in grado di promuovere un ambiente di lavoro rispettoso dove ogni lavoratore sia trattato con equità e dignità. In questo quadro sociale e culturale, la certificazione in materia di inclusione è diventata sempre più rilevante, in quanto mira a fornire alle aziende le competenze e gli strumenti necessari per affrontare e mitigare le disparità di genere, tra gli altri aspetti legati all’inclusione.
La certificazione: il quadro normativo
La linea guida UNI/PdR 125:2022 “Linea guida sul sistema di gestione per la parità di genere”, richiama la UNI ISO 30415:2021 “Gestione delle risorse umane: Diversità e Inclusione” ed è una prassi derivata da un Tavolo di lavoro previsto dal PNRR Missione 5, coordinata dal Dipartimento per le Pari Opportunità, Dipartimento per le politiche della famiglia, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero delle Imprese e del Made in Italy e la Consigliera Nazionale di Parità, inoltre disciplinata dalla Legge di Bilancio 2022 e collegata alla Strategia Nazionale sulla Parità di Genere 2021-2025 (ispirata alla Gender Equality Strategy 2020-2025) e correlata al PNRR, di cui uno dei dispositivi legislativi è la Legge 5 novembre 2021 n. 162 sulla parità salariale.
Chi può richiedere la certificazione
Si tratta di una certificazione che può essere richiesta da qualunque tipo di organizzazione, di qualsiasi dimensione e forma giuridica, operante nel settore pubblico o privato. Sono escluse dall’applicazione le Partite IVA che non hanno dipendenti. Attraverso l’adozione di politiche e pratiche inclusive, le aziende possono contribuire a ridurre il gender gap per creare un ambiente lavorativo equo, grazie alla creazione di un sistema di gestione da sottoporre a iter di certificazione da parte degli enti terzi come ASACERT.
Bonus, sgravi, premialità
Il tema è, inoltre, legato al PNRR e alle premialità previste dalla missione 5 del Piano, che prevede lo stanziamento di 9,81 miliardi per lo sviluppo di politiche d’inclusione sociale. Tra queste figura la Certificazione di Parità di Genere che, oltre a di lavoro previsto dal PNRR Missione 5, coordinata dal Dipartimento per le Pari Opportunità, Dipartimento per le politiche della famiglia, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero delle Imprese e del Made in Italy e la Consigliera Nazionale di Parità, consente alle organizzazioni di accedere a sgravi fiscali fino a 50mila euro e a premialità nella partecipazione a bandi italiani ed europei e da appositi incentivi di natura fiscale e in materia di appalti pubblici.
KPI
La certificazione ha validità triennale ed è soggetta a monitoraggio annuale e si prefigge l’obiettivo di incorporare nella cultura aziendale un nuovo paradigma che, nel lungo periodo, sia capace di generare un cambiamento sostenibile e durevole. Sono state identificate, a questo scopo, sei aree d’intervento e vari Key Performance Indicators, utili a contraddistinguere il livello di inclusività e di parità raggiunto da un’organizzazione:
- Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda (20%)
- Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro (20%)
- Equità remunerativa per genere (20%)
- Processi HR (10%)
- Cultura e strategia (15%)
- Governance (15%)
Dati, volontarietà, efficacia
Se da un lato, fino a maggio 2023, le aziende che hanno già aderito e ottenuto la certificazione sono 305 -dato che dimostra come il sistema economico stia cogliendo le opportunità che derivano dall’implementazione di questo strumento-, dall’altro questa opportunità rischia di essere depotenziata nella sua efficacia e diffusione dal criterio della “volontarietà” delle imprese di certificarsi. È fondamentale che le aziende si impegnino a promuovere e sposare i valori di uguaglianza di genere per mettere in campo azioni, politiche, processi, pratiche e misure per consentire di attuare un’effettiva inclusione all’interno dell’organizzazione.
📌 𝗟𝗮 𝗰𝗲𝗿𝘁𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗽𝗮𝗿𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗶 𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗲 – 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗲𝗻𝘂𝘁𝗶, 𝗯𝗲𝗻𝗲𝗳𝗶𝗰𝗶 𝗲 𝗺𝗼𝗱𝗮𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗽𝗲𝗿 𝗼𝘁𝘁𝗲𝗻𝗲𝗿𝗹𝗮 sarà oggetto del webinar organizzato in collaborazione con G.I.D.P./H.R.D.A. Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale, che si terrà 𝗠𝗲𝗿𝗰𝗼𝗹𝗲𝗱𝗶̀ 𝟭𝟮 𝗹𝘂𝗴𝗹𝗶𝗼 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗲 𝟭𝟲:𝟯𝟬 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝟭𝟴:𝟬𝟬 in cui verrà condotta un’illustrazione dei procedimenti operativi per ottenere la certificazione.
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